[ Pobierz całość w formacie PDF ]
tre modo nocevole, dee da noi con ogni studio fuggirsi.
Questa è la perfida Circe, questa è l Alcina, questa è
l Armida, che con suoi magici vezzi e lusinghe incanta
l uomo, massime quando con la poesia oscena è con-
giunta: le quali due compagne, a guisa delle due ince-
stuose figliuole di Lot, del dolce vino del diletto e della
lussuria innebriandolo, l inducono a prevaricare. Que-
sta (dico) stuzzicando il pizzicore dell appetito, desta
gl incentivi laguenti, i gelati raccende e dell antiche pia-
ghe del peccato, già per la confessione saldate, strofi-
nando e stropicciando le cicatrici, le infistolisce in guisa,
che malagevole ne diviene la cura. Percioché, sicome i
chiodi unti d olio s affigono ne legni più facilmente, e le
saette tinte di veleno fanno più pericolosa la ferita, così i
versi poetici morbidi ed impudici, conditi della melata
dolcezza del canto, quasi di velenoso unguento infusi, si
rendono più atti a ferir gli animi e più potenti a penetrar
177
Letteratura italiana Einaudi
Giovanbattista Marino - Dicerie sacre
negli affetti. Parli in comprovazione di ciò, dopo Aristo-
tele, il Severino Boezio, uomo sì per nobiltà, per santità
e per dottrina chiaro, come anche della musica studio-
sissimo. Poscia ch egli ebbe con isquisita diligenza lun-
gamente dimostro (sicome anch io sin qui mi sono inge-
gnato di fare) quanta sia la forza di essa musica, o che
sentenza di verità e di gravità ripiena ci lasciò scritta:
Hinc morum quoque maximae permutationes sunt, lasci-
vus quippe animus, vel ipse lascivioribus delectatur modis,
vel saepe eosdem audiens cito emollitur ac frangitur. Co-
me più chiaro poteva egli dirlo? Che lo spirito nostro da
canzonette lusinghevoli sollecitato si ammollisce e si
rompe. Se il canto adunque (come egli dice) fa mutar
costumi: se da esso (come afferma Seneca) è instigato e
comosso l animo: se per esso (come vuole Cicerone)
l uomo si eccita ed accende ed indolcisce e languisce,
chi vorrà degna di commendazione reputar cosa, da cui
effetti si derivano così rei? Che cosa temeva tanto il gran
Platone alla cittadinanza da lui con ottime leggi institui-
ta, se non che la musica ben costumata e casta in libera e
licenziosa non si cangiasse? Qual maggior macchia sti-
mava egli potere il candore di quella sua Republica con-
taminare, per cui non solo la virtù cadesse, ma le vestigia
ancora ne rimanessero cancellate, se non qualora un
cantar pieno di lascivia la pudicizia dell antica musica
convertisse in libidine? Per qual cagione i Lacedemoni
della gioventù accuratissimi allevatori, dalla Città per
decreto publico discacciarono Timoteo Milesio musico
nobilissimo, se non perché, con l aggiunta d una corda,
la severità della musica antica in cromatico, assai più
molle genere, rivolgendo, i fanciulli alla sua educazione
commessi dalla modestia revocati corruppe? Quella
Musica adunque che Platone e Spartani, come pernicio-
sa violatrice de perfetti costumi bandirono dalle lor
città, dovranno forse i Cristiani amare e seguire? Vorre-
mo noi soministrar fiamme al bollore, salsugine alla sete,
178
Letteratura italiana Einaudi
Giovanbattista Marino - Dicerie sacre
ed alle fervide inclinazioni della nostra corrotta Natura,
purtroppo da se stesse precipitose e correnti, aggiugnere
stimuli? No no, lunge da noi, come dannosa e dannabi-
le, si fatta maniera di musica! Piacesse pure alla divina
bontà che avessimo più tosto fra noi di que musici, che
non altro genere di canto e di suono modesto e ben
composto, hanno qualità di sopir gl impeti immoderati e
di sedare le turbulenze de gli effetti, non d irritarle. E
questa è a riscontro l altra specie di musica lodevole ed
amabile, delle due che di sopra io vi proposi: questa è
quella, che (col testimonio d Omero) insegnò il vecchio
Chirone ad Achille nella terenezza degli anni suoi, per-
mettendo il savio maestro, che quella mano che stringer
doveva con tanto valore la spada e che tanto sangue
Troiano doveva spargere, trattasse prima la lira e fusse al
suono delle corde sovente occupata. Il che da due
Prencipi dell una e dell altra filosofia è approvato anco-
ra, i quali vogliono che l uomo bene instituito sia anche
musico, e che per moltissime cagioni si debba dalla fan-
ciullezza cotal professione apprendere, non tanto per
quella superficial melodia che si sente, quanto per essere
atta ad indurre in noi un nuovo abito buono ed un co-
stume indiritto alla virtù, il quale fa l animo più capace
di felicità. Questa veggiamo noi tutti dì ne sacri templi
essere in uso per lodare Iddio e ringraziarlo, il qual uso
(sicome già ordinava Platone) fu per antico rito osserva-
to ancora infin nel secolo della vecchia legge. Quinci il
Re savio e pacifico nel coro del suo gran Tempio ordinò
un concerto maraviglioso di voci e di stromenti, in cui
diverse cose in loda e benedizzione del Creatore si can-
tavano. Così il Re d Israelle, suo padre, andava dopo
l Arca del Testamento solennemente accompagnata, col
Salterio in mano sonando. Havvi il canto d Adamo,
d Abramo, di Melchisedecche, di Mosè e d Asaf tutti ce-
lebri nella Scrittura. Havvi il famoso cantico di Maria
sorella d Aron, accompagnata da diverse schiere di ver-
179
Letteratura italiana Einaudi
Giovanbattista Marino - Dicerie sacre
gini Egizzie e di fanciulle cantatrici. Havvi quello de tre
giovanetti posti nella fornace di Babilonia, i quali, ad
imitazione di David, invitavano cantando a lodare il Si-
gnore tutte quante le creature. E i devoti Salmi del me-
desimo David, e i sacri Epitalami di Salomone, e i sen-
tenziosi Dialogi di Giob, e i tragici lamenti di Geremia,
e le misteriose Profezie d Isaia, e la mirabil Canzone
composta dalla Vergine istessa quando visitò Elisabetta,
che altro sono che versi musicali? O non sono forse per
l auttorità di Girolamo, d Eusebio e d altri dottissimi
Padri dettati e scritti con ritmi e numeri di piedi, e con
misure metriche di poesia e di musica? Vive (non ch al-
tra) nelle giovani e fresche istorie la memoria di Cecilia
Santa, la qual sicome con l armonia delle sue preghiere
allettava ad ascoltarla Iddio, così con quella de suoi or-
gani mosse a visitarla Valeriano. Per la qual cosa siamo a
credere costretti ch a Dio gratissima e carissima sia la
musica: Laudate Deum in sono tubae et psalterio, et
cythara, et organo, ac cimbalis iubilantibus. E perciò dis-
se Plotino, che col mezo della musica può l uomo più fa-
cilmente e più felicemente poggiare a lui. Hassi adunque
da aver per constante questa sorte di musica non solo
non essere cattiva o biasimevole, ma giovevole e com-
mendabile sommamente, né di essa riposo alcuno agli
[ Pobierz całość w formacie PDF ]