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to bene, la quale nobilitade si chiama, da chiarire è in
questo speziale capitolo come questa bontade discende
in noi; e prima per modo naturale, e poi per modo teo-
logico, cioè divino e spirituale. 2. In prima è da sapere
che l uomo è composto d anima e di corpo; ma ne l ani-
ma è quella; sì come detto è che è a guisa di semente de
la virtù divina. Veramente per diversi filosofi de la diffe-
renza de le nostre anime fue diversamente ragionato:
ché Avicenna e Algazel volsero che esse da loro e per lo-
ro principio fossero nobili e vili; e Plato e altri volsero
che esse procedessero da le stelle, e fossero nobili e più e
meno secondo la nobilitade de la stella. 3. Pittagora vol-
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Dante Alighieri - Convivio
se che tutte fossero d una nobilitade, non solamente le
umane, ma con le umane quelle de li animali bruti e de
le piante, e le forme de le minere; e disse che tutta la dif-
ferenza è de le corpora e de le forme. Se ciascuno fosse a
difendere la sua oppinione, potrebbe essere che la veri-
tade si vedrebbe essere in tutte; ma però che ne la prima
faccia paiono un poco lontane dal vero, non secondo
quelle procedere si conviene, ma secondo l oppinione
d Aristotile e de li Peripatetici. 4. E però dico che quan-
do l umano seme cade nel suo recettaculo, cioè ne la
matrice, esso porta seco la vertù de l anima generativa e
la vertù del cielo e la vertù de li elementi legati, cioè la
complessione; e matura e dispone la materia a la vertù
formativa, la quale diede l anima del generante; e la
vertù formativa prepara li organi a la vertù celestiale,
che produce de la potenza del seme l anima in vita. 5. La
quale, incontanente produtta, riceve da la vertù del mo-
tore del cielo lo intelletto possibile; lo quale potenzial-
mente in sé adduce tutte le forme universali, secondo
che sono nel suo produttore, e tanto meno quanto più
dilungato da la prima Intelligenza è. 6. Non si maravigli
alcuno, s io parlo sì che par forte ad intendere; ché a me
medesimo pare maraviglia, come cotale produzione si
può pur conchiudere e con lo intelletto vedere. Non è
cosa da manifestare a lingua, lingua, dico, veramente
volgare. Per che io voglio dire come l Apostolo: «O al-
tezza de le divizie de la sapienza di Dio, come sono in-
comprensibili li tuoi giudicii e investigabili le tue vie!».
7. E però che la complessione del seme puote essere mi-
gliore e men buona, e la disposizione del seminante
puote essere migliore e men buona, e la disposizione del
Cielo a questo effetto puote essere buona, migliore e ot-
tima (la quale si varia per le constellazioni, che continua-
mente si transmutano); incontra che de l umano seme e
di queste vertudi più pura [e men pura] anima si produ-
ce; e, secondo la sua puritade, discende in essa la vertu-
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Dante Alighieri - Convivio
de intellettuale possibile che detta è, e come detto è. 8.
E s elli avviene che, per la puritade de l anima ricevente,
la intellettuale vertude sia bene astratta e assoluta da
ogni ombra corporea, la divina bontade in lei multiplica,
sì come in cosa sufficiente a ricevere quella, e quindi sì
multiplica ne l anima questa intelligenza, secondo che
ricevere puote. E questo è quel seme di felicitade del
quale al presente si parla. 9. E ciò è concordevole a la
sentenza di Tullio in quello De Senectute, che, parlando
in persona di Catone, dice: «Imperciò celestiale anima
discese in noi, de l altissimo abitaculo venuta in loco lo
quale a la divina natura e a la etternitade è contrario». E
in questa cotale anima è la vertude sua propria, e la in-
tellettuale e la divina, cioè quella influenza che detta è:
però è scritto nel libro de le Cagioni: «Ogni anima nobi-
le ha tre operazioni, cioè animale, intellettuale e divina».
10. E sono alcuni di tale oppinione che dicono, se tutte
le precedenti vertudi s accordassero sovra la produzione
d un anima ne la loro ottima disposizione, che tanto di-
scenderebbe in quella de la deitade, che quasi sarebbe
un altro Iddio incarnato. E quasi questo è tutto ciò che
per via naturale dicere si puote. 11. Per via teologica si
può dire che, poi che la somma deitade, cioè Dio, vede
apparecchiata la sua creatura a ricevere del suo benefi-
cio, tanto largamente in quella ne mette quanto apparec-
chiata è a riceverne. E però che da ineffabile caritate ve-
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